“Sostenibilità Ambientale”: origini, definizione ed attualità. Dall’Agenda 2015 al Green Deal Europeo: articolo dal blog di Gianluigi Rosafio a Taurisano. Il concetto di sostenibilità si è modificato nel corso del tempo. Infatti, se agli inizi esso era legato unicamente agli aspetti ecologici, divenendo sinonimo di “sostenibilità ambientale”, attualmente parlare di sostenibilità vuol dire includervi anche gli aspetti economici e sociali. All’interno degli obiettivi di sviluppo sostenibile previsti dalle Nazioni Unite nel 2015, accanto alla salvaguardia degli ecosistemi e della diversità, il concetto di sostenibilità è abbinato ad ideali quali: la diminuzione delle disuguaglianze, della povertà, la riduzione degli squilibri nell’ambito della salute, del lavoro e delle infrastrutture.
Tuttavia, l’ambiente rimane il cuore del dibattito, soprattutto perché le istituzioni e la popolazione non possono più ignorare gli effetti catastrofici sull’ambiente causati dai cambiamenti climatici. Il concetto di sostenibilità nacque nel 1987, grazie alla definizione che fu fornita dalla Commissione sull’Ambiente e lo Sviluppo delle Nazioni Unite.
Gianluigi Rosafio nella categoria Ambiente e Sviluppo
Quest’ultima, infatti, parlò di sostenibilità, affermando che si trattava di “una condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”. Sempre in quel periodo, l’economista Herman Daly pubblicò una sua teoria, in cui elencò le peculiarità di cui dovrebbe godere un sistema sostenibile per essere dichiarato tale. Il pensiero dello studioso prese il nome di “Herman Daly’s three rules”, affermando che “le tre regole per una società sostenibile” sono le seguenti: “un uso sostenibile delle risorse rinnovabili”, poiché la velocità di fruibilità delle risorse dovrebbe essere minore rispetto al tempo con cui le stesse si rinnovano; “uso sostenibile delle risorse non rinnovabili”, principio che suggerisce come al totale esaurimento delle stesse debba corrispondere un passaggio alle risorse rinnovabili; “un tasso di emissione sostenibile per l’inquinamento e i rifiuti”. Quest’ultimo principio, invece, afferma che “il ritmo della produzione di emissioni e di rifiuti non dovrebbe essere più veloce del ritmo al quale i sistemi naturali possono assorbirli, riciclarli o renderli innocui”.
Però, il concetto di sostenibilità viene da ancora più lontano. Infatti, all’interno di un saggio, Jacobus Du Pisani, docente di Storia presso la North-West University di Potchefstroom in Sud Africa, ha illustrato che già alcuni filosofi, come Plinio il Vecchio e Platone, parlano di sostenibilità già nel periodo che andava tra il V secolo Avanti Cristo e il I secolo Dopo Cristo. Infatti, i filosofi del tempo conoscevano già il tenore del danno che l’ambiente subiva a causa delle attività praticate dall’uomo, ma si preoccupavano di individuare quelle buona abitudini in grado di salvaguardare “l’eterna giovinezza della Terra”. Ancora nel XVIII secolo, altri saggi affrontano l’argomento e, proprio in uno di questi scritti, “Sylvicultura Oeconomica” di Hans Carl von Carlowitz, appare per la prima volta la parola “uso sostenibile”. In questo caso, l’autore usò questo termine per sottolineare quanto fosse importante sostituire gli alberi eliminati con piante nuove. Alla fine degli anni ‘60, invece, il termine “sviluppo sostenibile” entrò a far parte di un documento ufficiale, sottoscritto da 33 paesi africani. Sempre in quell’anno, precisamente nel 1969, negli Stati Uniti fu istituita l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente, mentre nel 1987 fu redatto il “Rapporto Brundtland”, grazie all’operato della Commissione sull’Ambiente e lo Sviluppo delle Nazioni Unite.
Nel 1992, la definizione di sostenibilità presente nel rapporto, viene nuovamente presa in considerazione e completata.
Torniamo a Rio de Janeiro
In quello stesso anno, a Rio de Janeiro, ci fu la Conferenza Onu su Ambiente e Sviluppo, nel corso della quale si definì che “il concetto di sviluppo sostenibile non può essere racchiuso all’interno della sola accezione ambientale, ma che deve includere anche i principi di giustizia ed equità sociale”. Così, a partire da queste riflessioni, venne redatta l’”Agenda 21”, un documento accettato e messo in pratica da 170 Paesi, con l’obiettivo di orientare tutte le misure finalizzate alla realizzazione di interventi di sviluppo sostenibile nei successivi dieci anni. Giunti nel 2015, l’Agenda 21 fu rimpiazzata dall’Agenda 2030, un documento firmato dai governi dei 193 Paesi appartenenti alle Nazioni Unite e approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU. In particolare, questo report illustra i “17 obiettivi di sviluppo sostenibile”, conosciuti anche come “Sustainable Development Goals” (in acronimo SDGs), che identificano gli obiettivi da perseguire nei comparti ambientale, economico, sociale e istituzionale entro il 2030. Essi riguardano tutto il mondo, coinvolgendo tutti i paesi e tutti protagonisti della società civile. All’interno della dimensione economica si rintracciano i seguenti obiettivi: “lavoro dignitoso e crescita economica (SDG 8)”, “imprese, innovazione e infrastrutture (SDG 9)”, “consumo e produzione responsabile (SDG 12)”, “partnership per gli obiettivi (SDG 17)”.
La dimensione sociale, invece, include: “sconfiggere la povertà (SDG 1)”, “sconfiggere la fame (SDG 2)”, “salute e benessere (SDG 3)”, “istruzione di qualità (SDG 4)”, “parità di genere (SDG 5)”, acqua pulita e servizi igienico-sanitari (SDG 6)”, “ridurre la disuguaglianze (SDG 10)”, “pace, giustizia e istituzioni solide (SDG 16)”. Infine, il comparto ambientale comprende: “energia pulita e accessibile (SDG 7)”, “città e comunità sostenibili (SGD 11)”, “lotta contro il cambiamento climatico (SDG 13)”, “vita sott’acqua (SDG 14)”, “vita sulla terra (SDG 15)”. Infine, l’ultimo passo compiuto dalle istituzioni è la redazione “Green Deal europeo”, che la Commissione ha avallato il 14 luglio 2021, con l’obiettivo di ricostruire la società europea, provata dall’emergenza pandemica, ma secondo una dimensione sostenibile. Il primo obiettivo prevede la trasformazione dell’Europa in un continente “a impatto climatico zero” entro il 2050, secondo quanto già stabilito dagli Accordi di Parigi; in questo modo, le quantità di emissioni presenti nel globo dovranno essere in equilibrio, rispetto alla capacità del pianeta di assorbire le stesse. A tal proposito, L’Unione Europea ha come obiettivo il decremento del 55% delle emissioni rispetto al 1990, ma entro il 2030. L’intento verrà perseguito attraverso specifiche misure, di natura legislativa e non, dedicate al clima, all’ambiente, agli oceani, all’agricoltura, all’industria, all’energia, ai trasporti, alla finanza e allo sviluppo regionale, alla ricerca e all’innovazione.